Dott. Enrico Ballor – Pneumologo Torino
Sintomi e Diagnostica

Paralisi del Diaframma e Lesioni del Nervo Frenico: il Punto dello Pneumologo

  • Sollevamento della cupola diaframmatica destra
  • Paralisi dell’emidiaframma sinistro con risalita della cupola omolaterale
  • Relaxatio diaframmatica sinistra

Espressioni usate dai radiologi nel referto della radiografia e della TAC del torace, per indicare la presenza di un’asimmetria, talora netta, tra l’altezza delle due diverse cupole diaframmatiche (emicupole) oltre i limiti fisiologici, che vedono comunque l’emicupola destra posta generalmente un poco più in alto rispetto alla sinistra per la presenza del fegato al di sotto di essa.

Paralisi del Diaframma e Lesioni del Nervo Frenico
Paralisi del Diaframma e Lesioni del Nervo Frenico

Cos’è e a cosa serve il diaframma?

Ricordo come il diaframma, muscolo piatto, vasto e sottile che, posto tra torace e addome, ne divide anatomicamente le rispettive cavità, sia il principale responsabile del mantenimento dell’attività respiratoria in condizioni di riposo.

Esso è costituito da una porzione destra e da una porzione sinistra, denominate rispettivamente “emicupola diaframmatica destra” ed “emicupola diaframmatica sinistra”, che non sono separate tra di loro, ma che rappresentano unicamente due distinti settori funzionali di un unico “diaframma”.

Alcune considerazioni serviranno a meglio comprendere il significato di questo particolare rilievo segnalato dai radiologi nel referto delle immagini radiografiche del torace.

  • Intendiamo con il termine “paralisi”, la permanente e non reversibile compromissione funzionale di un muscolo.
    Ciò che viene persa definitivamente è, in questo caso, la capacità del muscolo di contrarsi, impedendo, quindi, quella specifica funzione motoria che gli è propria.
    Si parla, invece, di paresi, quando il deficit funzionale andato perso non è completo, ma solamente parziale e spesso temporaneo, con una motilità muscolare solo parzialmente o temporaneamente compromessa.
    Le paresi e le paralisi muscolari sono generalmente sempre secondarie a un danno delle vie nervose che innervano il muscolo e possono originare a livello centrale (neuroni motori cerebrali), o a livello periferico (danno dei nervi periferici che innervano le fibre muscolari).

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  • Come avviene per qualsiasi altro muscolo, anche nel caso di un deficit funzionale del diaframma può realizzarsi un gap motorio che, tenuto conto della sua particolare funzione, condizionerà in modo più o meno importante l’attività respiratoria.
    Si tenga presente che, come già accennato prima, in condizioni di riposo quasi il 90% della respirazione tranquilla è garantita dalla ininterrotta e intermittente contrazione del diaframma, mentre solo il 10% di essa è resa possibile dall’intervento di un’ulteriore attività funzionale sostenuta dai muscoli accessori della respirazione (muscoli scaleni, sternocleidomastoidei, porzioni postero-superiori dei muscoli dentati, grande e piccolo pettorale, muscoli intercostali esterni e muscoli elevatori delle coste), così definiti in quanto impiegati solo nel corso di una necessità respiratoria di maggior impegno (attività fisica, sforzi, corsa, ecc.).
    Si tenga presente che il diaframma sopraelevato (emicupola sollevata), leso nella sua funzione motoria, partecipa con maggiori difficoltà alla respirazione, dando luogo ad un vero e proprio movimento paradosso che consiste, inversamente a ciò che avviene normalmente nel corso della respirazione fisiologica, in un abbassamento, durante l’espirazione e in un innalzamento, durante l’inspirazione.
    Questo ”sbandieramento” flaccido del diaframma, più o meno importante in funzione del grado di maggiore o minore compromissione funzionale del muscolo, risulta spesso insufficiente a mantenere un’adeguata ventilazione polmonare.
    Ciò produce una difficoltà respiratoria (dispnea), che più facilmente compare durante l’attività fisica, con un quadro funzionale respiratorio caratterizzato, alla spirometria, da una sindrome restrittivapolmonare (riduzione del volume d’aria utile alla respirazione), che può ulteriormente aggravarsi in caso di sovrappeso e obesità del paziente.
    Ricordo, ancora, come le più gravi relaxatio diaframmatiche congenite del neonato (vedi dopo), caratterizzate da una maggior serietà dell’ipoplasia muscolare, possano spesso complicarsi con quadri di insufficienza respiratoria tali da richiedere un intervento del chirurgo toracico, che diviene in certi casi indispensabile per correggere meccanicamente le conseguenze negative del difetto presentato alla nascita.
  • Per comprendere meglio ciò che avviene in caso d’inefficienza funzionale di una metà del diaframma, faccio sempre l’esempio, ai pazienti che presentino tale problema, di un motore a quattro tempi che, per qualche ragione, sia costretto a funzionare a due tempi, spiegando in tale modo la comprensibile perdita di potenza conseguente.
    Abituati, come siamo, a pensare che l’aria venga letteralmente “soffiata” all’interno dei nostri polmoni ogni volta che respiriamo (questa è l’impressione che molti hanno dell’atto respiratorio), che, a ben pensare, tanto ricorda l’assunto religioso del “soffio vitale” con il quale Dio diede vita ad Adamo, ci dimentichiamo spesso che ciò che invece avviene nella realtà è proprio il contrario.
    Se immaginiamo il nostro torace come fosse il cilindro di una grande siringa (cassa toracica), all’interno del quale sia stato sistemato un palloncino sgonfio (polmone) incollato, per il suo bordo libero, al margine superiore del cilindro lasciato aperto, è facile comprendere come, azionando il pistone della siringa posto in basso (diaframma), si venga a creare, all’interno del cilindro, una pressione negativa in grado di determinare l’aspirazione passiva dell’aria all’interno del palloncino e, di conseguenza, un’espansione dolce e senza sforzo del palloncino/polmone (ventilazione polmonare).
    Se dal lato in cui il diaframma è paralizzato, diviene impossibile l’abbassamento del “pistone” (diaframma) durante l’inspirazione, il polmone di quel lato si espanderà di meno rispetto a quello del lato opposto, determinando un’inspirazione inomogenea e asimmetrica ma, soprattutto, causando l’introduzione di una minor quantità di aria nel torace.
    La conseguenza sarà una minore ossigenazione del sangue, specie sotto sforzo, con le conseguenze che facilmente si possono comprendere.
  • Le due diverse condizioni di paresi e paralisi del diaframma visibili nelle immagini radiografiche, possono spesso creare confusione, nell’adulto, tra le situazioni determinate da un deficit funzionale acquisito secondario a lesioni del nervo frenico, che più frequentemente interessano l’emidiaframma destro, e le altre condizioni, spesso congenite e secondarie ad anomalie dello sviluppo del muscolo, che giustificano, talora, la risalita di un’ emicupola diaframmatica (più frequentemente la sinistra).
    Tra queste, le “relaxatio diaframmatiche”, anche dette “eventratio diaframmatiche”, dovute a ipoplasia muscolare del diaframma (zona del muscolo più sottile e meno funzionante), con risalita del profilo della cupola diaframmatica laddove essa trovi più difficoltà, rispetto alle zone limitrofe di normale spessore, a opporsi alla pressione esercitata su di essa dai visceri addominali in corrispondenza della porzione muscolare malformata (ipoplasica) di minor spessore.
    Più raramente la relaxatio diaframmatica può interessare tutta l’emicupola diaframmatica, non limitandosi solamente ad una sua porzione circoscritta.
    La confusione vista sopra, tra i deficit funzionali diaframmatici da lesione del nervo frenico e quelli da difetto anatomico congenito del diaframma, è resa possibile in quanto i due diversi gruppi di patologie del diaframma sono spesso morfologicamente indistinguibili da un punto di vista radiologico.
  • Il nervo frenico è un nervo bilaterale (destro e sinistro) emisto, così definito in quanto costituito da fibre motorie e da fibre sensitive.
    Esso origina, per quanto riguarda la sua componente motoria, a livello della regione cervicale e precisamente a livello delle radici anteriori dei nervi spinali C3 – C4 e C5, essendo costituito anche da fibre nervose sensitive che convogliano all’encefalo le sensibilità anche dolorose provenienti dal pericardio, dalla pleura diaframmatica, dalla pleura mediastinica e dalla porzione di peritoneo (addome) che riveste la superficie inferiore del diaframma.
    Le fibre nervose che lo compongono originano in parte dai nervi del plesso cervicale (rami anteriori delle radici C3 e C4), fascio di nervi spinali responsabili dell’innervazione del collo e del tronco e di cui rappresenta il nervo più importante, e in parte dai nervi del plesso brachiale(ramo anteriore della radice C5), fascio di nervi spinali responsabili dell’innervazione dell’arto superiore.
    Dopo la sua origine il nervo frenico si porta in basso, discendendo bilateralmente nel collo e prendendo contatto con la vena e con l’arteria succlavia.
    Di qui esso penetra nel torace a lato del nervo vago, passando dietro all’articolazione sterno-clavicolare e, scendendo verticalmente lungo il mediastino, entra successivamente in contatto con il cuore (pericardio) e con i polmoni fino a raggiungere il diaframma (faccia superiore ed inferiore), ove i due nervi frenici, destro e sinistro, terminano sulle due rispettive emicupole diaframmatiche dopo essersi divisi in tre diverse branche (anteriore, laterale e posteriore), fatto questo che giustifica, in caso di una lesione del nervo limitata alle fibre di una sola delle tre branche, la possibilità di una paralisi limitata anche solo ad una parte dell’intera emicupola.

Qual è la Principale Causa dei Deficit funzionali del Diaframma?

Come detto prima, la principale causa dei deficit funzionali del diaframma è rappresentata da una lesione del nervo frenico.

Ben diversa si presenta, da un punto di vista clinico, la paralisi di un solo emidiaframma o il concomitante interessamento bilaterale del deficit diaframmatico.

Questa seconda evenienza richiede, in molti casi, la necessità di un rapido intervento con ventilazione meccanica invasiva o non invasiva (vedi “C-PAP, Bi-PAP (Bi-Level), ventilazione non invasiva (NIV): dallo pneumologo un aiuto alla respirazione ”).

Vediamo, quindi, di seguito quali sono le più frequenti cause di lesione del nervo frenico.

  • I traumi chirurgici possono rappresentare una conseguenza, poi non così infrequente, degli interventi di chirurgia toracica e di cardiochirurgia.
    Quest’ultima, peraltro, può provocare un danno iatrogeno (conseguenza dell’intervento curativo) di particolare rilevanza da un punto di vista del gaprespiratorio che determina e che, una volta, incrementava notevolmente la mortalità post-operatoria per la necessità di prolungare il periodo di ventilazione meccanica in rianimazione.
    Si può dire che oggi, per quanto con tempi variabili, quasi il 90% dei pazienti con paralisi del diaframma da lesione intra-operatoria del nervo frenico recupera completamente il deficit funzionale diaframmatico entro un mese dall’intervento, con un recupero della lesione che appare assai più improbabile nei casi in cui non si siano ripristinate, entro un anno dall’intervento, le condizioni di normalità funzionale pre-intervento.
  • L’impianto di elettrocateteri per stimolazione (pace maker) e defibrillazione cardiaca definitiva, operato attraverso l’immissione degli stessi per via succlavia (vena succlavia), può provocare una lesione del nervo frenico che difficilmente determina un danno permanente della funzionalità diaframmatica.
  • Virosi occasionali, con lesione funzionale del nervo spesso reversibile, possono provocare un deficit della conduzione del frenico tale da portare a paresi/paralisi di un’emicupola diaframmatica.
  • L’Herpes zoster che interessi le fibre nervose del nervo frenico può, con il meccanismo visto prima, portare a paresi diaframmatica temporanea.
  • Anche la spondilosi della regione cervicale, più nota come artrosi cervicale, può rendersi responsabile di lesioni del nervo frenico con un meccanismo compressivo da parte delle degenerazioni artrosiche del rachide cervicale (colonna vertebrale), che deformano la morfologia e i profili delle strutture ossee vertebrali.
    Spesso, infatti, la lesione del nervo è provocata da un trauma diretto su di esso da parte di veri e propri “becchi” ossei neoformati, detti osteofiti, esito dei multipli processi degenerativi propri dell’artrosi della colonna, o da parte del tessuto osseo rimaneggiato che può provocare reciproci scivolamenti delle vertebre e lesioni dei dischi e dei tessuti intervertebrali adiacenti.
  • Tumori ai polmoni e ai bronchi
    I tumori maligni polmonari e bronchiali possono talvolta essere causa d’interruzione della conduzione nervosa lungo le fibre del nervo frenico, per compressione o per invasione diretta dello stesso da parte del tumore in accrescimento.
  • Lesioni traumatiche da incidenti della strada (“colpo di frusta”, distacco traumatico di nervi dei plessi cervico-brachiali nei motociclisti, ecc.), con traumatismi che incidano meccanicamente sulla regione cervicale, possono provocare lesioni del frenico secondarie al danno provocato sulle radici anteriori dei nervi spinali C3 – C4 e C5 (vedi sopra).
  • Con lo stesso meccanismo, anche una manipolazione troppo energica delle strutture osteo-artro-muscolari della regione cervicale e del collo, può rendersi responsabile di una lesione del frenico in grado di provocare un deficit funzionale del diaframma (paresi o paralisi).
    A questo proposito ricordo il caso di un paziente (immagine radiografica che introduce il testo) che presentava una paralisi diaframmatica traumatica conseguente a massaggi troppo energici praticati sulla regione del collo e della spalla.
    Qualche volta, infatti, massaggi, succussioni, stiramento degli arti, manipolazioni e scuotimenti eccessivamente violenti, praticati, per “cervicalgie“ da artrosi cervicale, sulla regione cervicale, del collo e del muscolo trapezio da parte di “ massaggiatori” poco competenti o improvvisati e spesso privi della necessaria preparazione e delle indispensabili nozioni scientifiche, possono provocare una lesione del nervo frenico con relativo danno funzionale del diaframma.
  • Anche alcune malattie neurologiche, tra le quali le polineuropatie, la SM (sclerosi multipla), la miastenia gravis, alcune miopatie e distrofie muscolari, e le malattie del motoneurone spinale, tra le quali la SLA (sclerosi laterale amiotrofica), possono provocare una paralisi diaframmatica con comparsa di problemi respiratori anche gravi.
    Lo stesso dicasi per la sindrome post-poliomielite, causa, un tempo, dei molti casi di grave insufficienza respiratoria da paralisi diaframmatica bilaterale, che condannava i pazienti a permanere per tutta la vita all’interno del polmone d’acciaio.
  • Anche il diabete, attraverso la polineuropatia diabetica che talora provoca, può essere causa di lesione del nervo frenico.

Irritazione del nervo frenico e il “singhiozzo”

Ricordo ancora, a completamento del testo, come non tutte le patologie del nervo frenico si esprimano clinicamente con un deficit dell’attività funzionale dello stesso, ma come, invece, in certi casi, un’eventuale irritazione del nervo che non interrompa la trasmissione degli impulsi, possa provocare quel particolare e buffo fenomeno noto come “singhiozzo”.

Esso rappresenta una contrazione improvvisa e incontrollata del diaframma, non regolabile dalla volontà, che determina un’energica inspirazione, con successiva chiusura rumorosa della glottide (piano delle corde vocali).

L’irritazione del nervo frenico che provoca il singhiozzo può riconoscere tra le cause:

    • Cisti o tumori benigni o maligni della regione del collo, che esercitino un’azione compressiva sul nervo frenico.
    • Reflusso gastro esofageo (malattia da reflusso gastroesofageo – MRGE) – (vedi “ Tosse, catarro e reflusso gastro esofageo: il parere dello pneumologo”)
    • Ernia jatale.
    • Laringite o faringite acuta.
    • Ingrossamento della tiroide e gozzo che determinino compressione sul nervo frenico.
    • Bevande gassate e cibi speziati e piccanti.
    • Pasti troppo abbondanti o consumati troppo velocemente.
    • Distensione dello stomaco (aerofagia), spesso conseguente all’abuso di gomme da masticare.
    • Abuso di alcolici.
    • Risate prolungate o violente.
    • Tosse insistente (vedi “Tosse persistente dell’adulto e del bambino”).

Da un punto di vista prognostico, solo il tempo può definire l’eventuale parziale o completo recupero della funzionalità diaframmatica lesa, essendo variabile la possibilità di giungere ad un recupero della capacità contrattile del muscolo tale da renderla nuovamente sufficiente a sostenere, da sola, il carico di una normale attività respiratoria.

Specie in caso di paralisi diaframmatica da deficit del frenico da cause inapparenti, quali quella di una possibile virosi, in modo non dissimile da quanto accade nella paralisi periferica “a frigore” del nervo facciale (parali di Bell) con paralisi completa dell’ emi-volto colpito e difficoltà a chiudere l’occhio, l’importante compromissione funzionale, che inizialmente tanto preoccupa il paziente, lascia spesso spazio ad un lento recupero del deficit motorio che frequentemente procede spontaneamente fino al completo ripristino della funzionalità.

Può aiutare, nel caso in cui il paziente si presenti in sovrappeso, il ripristino, con la dieta, di un adeguato peso corporeo (BMI – vedi “BPCO, insufficienza respiratoria e alimentazione: i consigli dello pneumologo”), in quanto, come visto sopra, l’obesità può rappresentare un’aggravante del deficit restrittivo respiratorio tipicamente presentato dai pazienti con deficit funzionale del diaframma.

Nella maggior parte dei casi non è richiesto nessun intervento particolare, specie quando il paziente si presenti asintomatico, lasciando semplicemente al tempo che passa la possibilità di recuperare la funzione lesa.

E’ chiaro, invece, che nei casi in cui sia possibile individuare la causa compressiva sul nervo frenico, la risoluzione di questa rappresenterà l’indispensabile premessa per risolvere il problema.

Ogni ulteriore intervento di tipo medico, fisioterapico e chirurgico, tra i quali l’intervento di plicatura del diaframma che, anche solo per via toracoscopica, scolli e risospenda il diaframma ad un livello costale più basso, guadagnando in tal modo un maggior volume polmonare dal lato dell’emidiaframma paralizzato, sono misure da valutare con lo specialista pneumologo, al quale, in ogni caso, consiglio di rimandare ogni strategia d’intervento.

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