Dott. Enrico Ballor – Pneumologo Torino
Asma

Asma, Piscina e Cloro: il Parere dello Pneumologo

Successivamente ad un bagno in piscina vengono talora descritte possibili crisi respiratorie asmatiche in pazienti affetti da asma bronchiale specie se allergico, o disturbi respiratori nasali con crisi di starnutazione, prurito nasale e rinorrea (secrezione nasale abbondante) in soggetti allergici.

Ciò è stato documentato nel corso di studi scientifici e avverrebbe, in modo particolare, in pazienti affetti da malattia asmatica di una certa importanza o con una più elevata iperreattività bronchiale aspecifica.

Ma ciò non basta.

Non solamente sarebbero più facilmente possibili crisi asmatiche in chi possiede un’iperreattività bronchiale più spiccata, già presente nel periodo precede al bagno in piscina, ma si è altresì documentato, con la spirometria e con il test alla metacolina, come la stessa aumenti significativamente nei pazienti asmatici allergici successivamente al nuoto in vasca, predisponendoli in questo modo ad una maggior facilità di nuove crisi.

Le manifestazioni respiratorie secondarie all’irritazione delle vie aeree si manifestano non tanto nel corso della permanenza in acqua, quanto più facilmente nella mezz’ora successiva all’uscita dalla vasca.

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Il ruolo del cloro

La responsabilità di queste crisi asmatiche viene attualmente attribuita alla presenza del cloro e dell’aerosol e dei vapori d’acqua contenenti questo elemento chimico, nebulizzati e dispersi nell’aria degli ambienti che circondano la piscina e che tendono a permanere, a maggior concentrazione, sul pelo dell’acqua, specie in ambienti non sufficientemente areati.

Tali dati appaiono di particolare importanza se si tiene conto di quanti bimbi, alcuni dei quali affetti da asma bronchiale, vengano annualmente avviati agli sport acquatici, (vedi “Bambino asmatico e sport: i 10 consigli dello specialista”).

Come talora può avvenire in ambito scientifico, certe affermazioni “conclusive” di molti studi scientifici (qualche volta impropriamente dichiarati tali) appaiono in contrasto tra loro in funzione del laboratorio o del gruppo di ricerca responsabile dello studio o di come la si vuol vedere, creando in tal modo nella gente grande confusione e disorientamento sul da farsi e sul giusto peso da dare a taluni risultati, specie quando discordanti.

Il cloro fa male agli asmatici?

Così capita a proposito dell’annosa questione relativa al fatto se il cloro presente nell’acqua delle piscine faccia male o no agli asmatici.

Basta navigare su Internet per avere l’impressione di come conclusioni di un certo tipo si accompagnino ad altre di parere diametralmente opposto.

E’ questo il momento in cui l’intelligenza dovrebbe fare la differenza, ed il buon uso di ciò che viene comunicato dovrebbe essere considerato in ogni caso senza eccessi.

Vorrei a questo proposito ricordare un aneddoto non recente, utilizzato per relativizzare e banalizzare le conclusioni “scientificamente indiscutibili” di certe evidenze sperimentali, che narra di uno scienziato che, impegnato in una serie di conferenze divulgative con finalità sociali, nel cercare di dimostrare i danni dell’alcool mostrando la morte immediata di un povero vermetto immerso in un bicchiere di whisky, si sentiva rispondere, in modo disarmante, dall’alcolista di turno presente in fondo alla sala, che “L’alcol fa bene perché ammazza i vermi!”.

Anche nel caso dell’asma e dell’esposizione al cloro certe conclusioni enfatiche ed eccessive vanno evitate, non dimenticando, tuttavia, che alcuni dati della letteratura scientifica sono da rispettare per la validità delle loro conclusioni.

Per quanto navigando in Internet si trovino articoli che affermino che “…. Il cloro fa male ai polmoni”, se si presta attenzione ai contenuti di quanto pubblicato ci si accorge che, per quanto alcuni studi scientifici permettano di concludere in tal senso, è vero anche che quella correlazione tra esposizione al cloro e sviluppo di asma che si vorrebbe dimostrare, purtroppo anche nel caso di piscine all’aperto, sarebbe vera per esposizioni “prolungate” e per ragazzi che “trascorrono parecchio tempo in piscina”, e non per chi ne faccia un uso moderato e dilettantistico.

Recenti pubblicazioni sembrano affermare che tutto ciò che è stato pubblicato in precedenza sia falso o per lo meno da rivalutare, in quanto, confermando la mia tendenza a relativizzare intelligentemente le conclusioni, c’è una bella differenza tra frequentazione sporadica delle piscine, nel caso del nuoto amatoriale, e frequentazione assidua dei soggetti impegnati in attività agonistiche.

Le raccomandazioni e i limiti alla permanenza in ambienti saturi in vapori di acqua clorata, validi nel caso di frequentazione assidua delle piscine, mi sembrano meno stringenti nel caso di una frequentazione più saltuaria.

In ogni caso la differenza esistente tra un paziente asmatico e l’altro, sta nel porre attenzione al singolo caso trattandolo come unico e irripetibile, valutando di volta in volta gli effetti clinici dell’esposizione al cloro riferiti a quello specifico paziente.

Conclusione

Come un paziente asmatico allergico alle graminacee che ami il calcio, potrà praticare lo sport prescelto in campi sportivi all’aperto anche nel periodo primaverile, a patto che lo si pre-medichi opportunamente con i farmaci broncodilatatori e con i cromoni e che si evitino le giornate ventose o quelle a più elevata concentrazione di polline aerodisperso, personalizzando al massimo la terapia, così lo pneumologo sarà in grado di proporre al paziente asmatico che scelga il nuoto in piscina, un adeguato aggiustamento della terapia che risulti compatibile con la possibilità di mantenere i vantaggi di quello sport, sconsigliando eventualmente l’attività in acqua solo nel caso in cui i test funzionali o le difficoltà respiratorie che dovessero insorgere nonostante una corretta terapia ne sconsigliassero inesorabilmente un allontanamento.

Da ricordare, inoltre, che per limitare l’esposizione al cloro è possibile frequentare piscine che ne siano prive in quanto sterilizzate con procedure alternative (ad esempio con ozono).

E’ possibile, in tal senso, contattare il CONI o altri Enti e istituzioni sportive preposte alla gestione ad alla sicurezza delle pratiche sportive (vedi Assessorati allo Sport, ecc.), per farsi segnalare le sedi più vicine degli impianti dotati di tale possibilità.

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