L’asma è una malattia che riconosce, in molti casi, una causa allergica come principale fonte del problema.
Non sempre, però.
A volte il prick test dà un risultato negativo, ed è in questo caso che l’esperienza di uno specialista pneumologo entra in gioco.
Introduzione
L’asma bronchiale (vedi “Asma bronchiale: malattia da conoscere”) è una malattia respiratoria che riconosce, in una grande moltitudine di casi, una causa allergica come principale fonte del problema (vedi “Malattie allergiche delle vie aeree”).
Essa si presenta con i suoi classici quattro sintomi, che consistono in
- tosse, spesso secca
- dispnea (difficoltà respiratoria)
- sibilo espiratorio (vedi “ Sento un fischietto quando respiro! Che cos’è?”) e
- senso di costrizione al petto.
La spirometria, consistente in un semplice esame funzionale respiratorio non invasivo, consente di confermare il broncospasmo responsabile delle crisi respiratorie dell’asmatico, definibile come quella condizione di ostruzione dei bronchi provocata dalla contrazione dei muscoli lisci che li formano, che spesso trova sostegno in una particolare suscettibilità degli stessi a chiudersi, definita iperreattività bronchiale aspecifica.
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Una grande varietà di allergeni (sostanze capaci di provocare allergia) sono responsabili delle crisi respiratorie dell’asmatico allergico.
Tra questi:
- i pollini delle piante (vedi “Pollinosi”)
- i derivati della cute degli animali che vivono nelle nostre case (vedi “Bimbo, animali domestici, asma e allergie respiratorie: i consigli dello pneumologo”)
- gli acari della polvere domestica (vedi “ Asma allergico da acari della polvere: i consigli dello pneumologo”), e molti altri.
E’ consuetudine, nel momento in cui sulla base del sospetto clinico si confermi una diagnosi di asma attraverso visita pneumologica e spirometria, richiedere le prove allergometriche quando si ritenga verosimile che la natura del disturbo possa risiedere in una causa allergica.
Ed è altrettanto facile, se correttamente sospettata l’origine allergica delle crisi asmatiche sulla base di indicatori clinici, dell’anamnesi del paziente e dell’esperienza dello pneumologo, vedersi confermare il dubbio dall’allergologo al quale il paziente viene inviato per la diagnosi allergologica.
Non sempre, tuttavia, è scontata la conferma dello stato allergico del paziente, per quanto suggestiva possa essere, in determinati casi, la natura allergica di un asma.
Ciò che mi preme segnalare è che, se un PRICK TEST positivo (test cutanei “in vivo”) per la presenza di una sensibilizzazione allergica ad uno o a più allergeni attraverso la formazione di pomfi arrossati e pruriginosi, è in grado di confermare la natura allergica del problema, la negatività dello stesso, invece, non consente di poter concludere per una natura “sicuramente” non allergica.
Il motivo di ciò potrebbe consistere in uno dei seguenti casi:
- Anche se assai improbabile, l’apparente negatività delle prove allergometriche cutanee potrebbe essere la conseguenza del fatto che il paziente sia in trattamento con farmaci cortisonici o antistaminici.
Tali medicamenti, infatti, potrebbero essere responsabili della mancata risposta cutanea (pomfo) all’infiltrazione intradermica con soluzione concentrata di allergene (goccia che viene posta sulla cute del paziente prima di procedere alla micro-puntura con idonea lancetta).
Questa possibilità, tuttavia, è estremamente remota, in quanto è generalmente il medico che pratica l’esame ad accertarsi che il paziente non assuma tali sostanze per almeno una settimana prima dello stesso.
L’unico caso, invece, in cui ciò potrebbe realizzarsi, è quello in cui il paziente, ignorando di assumerli (difficoltà a comprendere la domanda, falsa convinzione di non assumerli per confusione con i nomi degli stessi, ecc.), induca il medico in errore. - Mancata sensibilizzazione della cute del paziente, per quanto lo stesso sia allergico.
Non essendo, infatti, l’asma una “ malattia della pelle” ma una “malattia dei bronchi”, non è raro il caso in cui il paziente, pur non presentando anticorpi di classe E (IgE) adesi ai mastociti della cute (cellule dell’allergia presenti nel sottocute e nelle mucose) in quantità tali da consentire la formazione del pomfo cutaneo, presenti invece gli stessi anticorpi legati ai mastociti presenti nei bronchi in quantità tali da provocare reazioni allergiche in quella sede.
In questo caso, la ricerca di tali anticorpi attraverso un prelievo di sangue (test “in vitro”) che documenti la loro presenza in circolo (PRIST IgE totali e RAST IgE-specifiche anti-allergene), permette di accertare la presenza nell’organismo di anticorpi sensibilizzanti, attraverso i quali confermare la natura allergica della forma asmatica. - Altro motivo per cui, per quanto il sospetto di natura allergica di un’asma sia elevato, né i test cutanei “in vivo”, né quelli sierologici “in vitro” potrebbero non consentire di confermare il dubbio, è quello legato alla tipologia degli allergeni testabili.
Se, infatti, è grande il numero degli allergeni disponibili in commercio per i test diagnostici, tale numero scompare di fronte alla moltitudine degli allergeni realmente dispersi nell’ambiente.
Per necessità di preparazione, infatti, non è possibile allestire un test diagnostico specifico per ogni potenziale allergene esistente in natura, riservandosi l’industria farmaceutica di allestire i kit diagnostici solo per gli allergeni più comuni o per quelli più facilmente responsabili di allergia.
Questo vuol dire che, in pratica, esiste una moltitudine di allergeni, per quanto meno facilmente responsabili di allergia, per il quali non esiste test diagnostico in grado di confermare la natura allergica del problema.Oltre a ciò, può accadere che alcuni centri diagnostici non possiedano tutti gli allergeni disponibili ma solo i più comuni, o non impieghino tutti gli allergeni di cui potenzialmente dispongono, essendo in grado, in tal modo, di escludere solamente i quadri di allergia più comuni.
Ecco che allora diviene non impossibile trovare alcuni pazienti, tra quelli affetti da forme asmatiche di verosimile natura allergica, che presentino prove allergometriche negative ma caratteristiche cliniche dell’asma tali da poter sospettare fortemente una natura allergica della malattia.
Sono proprio questi i casi in cui, non potendo contare sulla comodità di una conferma diagnostica allergologica, sarà l’esperienza dello pneumologo a non farsi ingannare dall’improbabile negatività allergometrica che potrebbe allontanare il paziente asmatico dal ricevere il trattamento più efficace.
Sintomi, ad esempio, che ricorrono con stagionalità nell’anno, per più anni successivi, o che si presentino caratteristicamente sempre e solo quando il paziente frequenta certi luoghi, saranno altamente suggestivi di una forma allergica pur in assenza di una conferma con gli esami!
Sono questi i casi in cui, un trattamento farmacologico prescritto sulla base dell’esperienza clinica dello specialista, comunque orientato al controllo della forma asmatica anche con farmaci antiallergici, per quanto “non confermata ” in senso allergologico, può fare la differenza, consentendo al paziente un miglior controllo della sua patologia respiratoria.
Si lasci, pertanto, gestire l’asma allo specialista, in quanto l’esperienza, nei casi in cui divengano meno certe le conferme ed il supporto della diagnostica allergometrica “in vivo” e “in vitro”, può giocare un ruolo non irrilevante nel garantire il migliore risultato.
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