Dott. Enrico Ballor – Pneumologo Torino
Sintomi e DiagnosticaTumorali e Professionali

Tumore della Mammella e Polmone: il Parere dello Pneumologo

Il cancro della mammella (carcinoma mammario) rappresenta il più frequente tumore del sesso femminile, per quanto, pur più raramente, esso possa interessare, con i suoi circa 300 casi all’anno in Italia, anche l’uomo.

Questa neoplasia colpisce, solo nel nostro Paese, poco meno di 50.000 donne all’anno, rappresentando un grave problema clinico e sociale non solamente per le conseguenze sulla vita delle pazienti e per le loro abitudini quotidiane, ma altresì per l’importante mutamento che talora impone al mondo relazionale, sentimentale, psicologico e affettivo di chi ne viene colpita.

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Pur essendosi notevolmente modificate nel tempo le possibilità di cura, tanto da poter dire che oggi la maggior parte delle donne possa ormai contare su terapie innovative davvero risolutive, sia in termini prognostici “quoad vitam”, sia in termini qualitativi “quoad valetudinem”, purtroppo, in un certo numero di casi, tali favori del progresso chirurgico e dei nuovi protocolli di cura radio-terapici, farmaco-terapici, ormono-terapici e di terapia con i più recenti farmaci biologici, devono arrendersi di fronte ad una progressione di malattia che sembra non rispondere così favorevolmente alle proposte terapeutiche iniziali.

E’ questo il momento in cui il massimo degli sforzi diagnostici e terapeutici devono essere messi in campo per offrire, proprio alle donne nelle quali la particolare e non così frequente aggressività del tumore si presenti con un comportamento clinico-biologico meno “responder”, trattamenti di “seconda linea” atti a fronteggiare, spesso in modo efficace, anche queste situazioni più complesse, dichiarative di una neoplasia mammaria talvolta più aggressiva.

L’importanza della chirurgia e dei cicli di terapia

Ogni donna ben seguita e attentamente monitorata dall’oncologo che la segue, sa molto bene

  • quanto sia importante sottoporsi con fiducia e pazienza all’approccio chirurgico e ai cicli di terapia proposti, siano essi radio- o chemio-terapici, e
  • di quanto sia importante rispettare le scadenze previste per gli esami diagnostici di “follow up ” nel corso del percorso di cura, praticati con la ben precisa finalità di individuare, quanto più precocemente possibile
    • la presenza di eventuali comportamenti del tumore meno frequenti
    • le risposte alla terapia non in linea con quanto atteso e
    • l’eventuale comparsa di segni iniziali che possano far presumere che il tumore, lasciata la mammella nonostante le iniziali cure, possa ripresentarsi a distanza in altri organi e apparati (metastasi), sfruttando, talora, peculiarità biologiche che trasformano una patologia femminile oggi trattabile con successo in un gran numero di casi, in una malattia purtroppo ancora oggi temibile, per quanto non priva di soluzioni.

Cosa sono le Metastasi

Quando si parla di metastasi, termine che ricorre nella mente della donna colpita da tumore mammario come uno dei peggiori fantasmi, si parla della possibilità di veder ricomparire il tumore in altre sedi dell’organismo, vedendolo riprodurre a distanza, a partire da alcune cellule sfuggite al tumore originario e trasferitesi, seguendo la circolazione sanguigna o la via linfatica, fino a quegli organi in cui lo si può cogliere nuovamente.

Tutti i controlli clinico-radiologici ai quali le donne colpite da tumore mammario si sottopongono periodicamente, sono appunto finalizzati ad individuare precocemente questi eventuali primi segni, che solo se intercettati per tempo possono consentire di procedere efficacemente con trattamenti spesso risolutivi anche in queste situazioni meno favorevoli.

Ogni organo e ogni tessuto può essere potenzialmente colpito da lesioni metastatiche provenienti dal tumore mammario, anche se alcuni organi lo sono più frequentemente di altri.

Tra questi il fegato, le ossa, il cervello e il polmone, non infrequentemente uno degli organi più colpiti.

Coinvolgimento polmonare secondario al tumore della mammella

Vediamo, allora, in quale modo può presentarsi un eventuale coinvolgimento polmonare secondario (metastatico), valutando sia gli aspetti radiologici, sia quelli clinico-sintomatici.

  • In primo luogo le metastasi di tumore della mammella possono comparire a livello del polmone (parenchima polmonare) sotto forma di lesioni solide presenti nella radiografia del torace, di forma approssimativamente rotonda, a margini ben definiti e circoscritti, uniche o multiple, coinvolgenti uno o entrambi i polmoni.
    Le dimensioni delle lesioni metastatiche sono molto variabili e possono essere anche molto diverse tra loro, in funzione del tempo trascorso tra il momento della colonizzazione del tessuto polmonare da parte delle cellule sfuggite al tumore-madre, e il momento in cui se ne colgono i segni radiologici.
    Sulla base del sospetto suggerito dalla radiografia standard del torace (radiogramma in proiezione postero-anteriore più eventuale proiezione laterale), è utile procedere con una più approfondita valutazione TAC eseguita con somministrazione di mezzo di contrasto, in grado di meglio definire sede e dimensioni delle lesioni.
    Ciò risulta estremamente utile nel fornire una “fotografia” iniziale più dettagliata e puntuale della situazione radiologica, con la quale confrontare i successivi controlli radiografici utili per valutare l’efficacia dei trattamenti proposti.
    Voglio sottolineare come, in questa fase iniziale di interessamento polmonare solo radiologico, il tumore mammario metastatico possa presentarsi molto spesso senza sintomi, o comunque in assenza di una sintomatologia respiratoria di rilievo.
  • Ben diversa, invece, è la situazione clinica derivante dall’interessamento secondario delle vie linfatiche del polmone da parte delle cellule tumorali, ciò che lo pneumologo definisce “linfangite carcinomatosa”.
    Tale condizione, che determina la comparsa di lesioni polmonari di tipo “interstiziale”, disposte lungo il percorso della rete linfatica del polmone, si manifesta, invece, con una sintomatologia spesso molto fastidiosa, potendosi andare da un iniziale quadro di difficoltà respiratoria modesta (dispnea), fino a quadri più avanzati caratterizzati da disagio respiratorio più marcato.
    Spesso, in questi casi, l’obiettività toracica rilevata dal medico (vedi “La visita pneumologica presentata dallo pneumologo”) e i sintomi (gemiti e sibili espiratori) possono ricordare, per certi versi, una crisi d’asma bronchiale, con una sintomatologia che dipende dall’infiltrazione interstiziale e peri-bronchiolare e dall’ingorgo linfatico (stasi linfatica).
    Qualche volta questa situazione rischia di complicarsi con un’ insufficienza respiratoria che può rendere necessaria la prescrizione dell’ossigeno da parte dello pneumologo (vedi “L’ossigenoterapia domiciliare spiegata dallo pneumologo”), impegnato, altresì, a controllare la dispnea della paziente con farmaci broncodilatatori e con terapie cortisoniche adeguate alla situazione.
  • Un’altra possibilità, per quanto meno frequente, è quella della comparsa di lesioni metastatiche all’interno dell’albero bronchiale, non infrequentemente causa di polmonite o di atelettasia (vedi “Tumore ai polmoni e ai bronchi” e “Macchia sul polmone: che cos’è? E’ sempre tumore?”).
    In conseguenza delle difficoltà che esse creano al normale e fisiologico ricambio dell’aria all’interno del distretto polmonare posto a valle dell’ostruzione metastatica, infatti, e precisamente nel segmento polmonare tributario del bronco ostruito dalla lesione metastatica endo-bronchiale, si vengono a creare condizioni di difficoltosa ventilazione favorenti la comparsa di un focolaio infiammatorio del polmone.
    In questo caso la polmonite viene a rappresentare non tanto “il problema”, quanto la “conseguenza di un problema” (quello metastatico), e necessita di un approccio specialistico pneumologico che consenta di risolvere l’infezione polmonare, senza tuttavia dimenticare la necessità di risolvere endoscopicamente (vedi “La broncoscopia”) anche il problema che ne è causa.
  • In altri casi è la comparsa di un versamento pleurico a dichiarare la progressione della malattia tumorale della mammella.
    In tale evenienza, infatti, non è rara la presenza, nel liquido pleurico recuperato attraverso una puntura del torace (toracentesi) praticata dallo pneumologo, al contempo diagnostica (esami citologici) e terapeutica (riduzione della dispnea secondaria alla presenza del liquido essudato nel cavo pleurico – vedi “Pleurite”), di cellule di adenocarcinoma rilasciate da lesioni metastatiche localizzatesi alla pleura.
    Qualche volta, invece, il liquido pleurico, specie in presenza di manifestazioni linfangitiche (vedi sopra), rappresenta la conseguenza di una diffusa presenza infiltrativa secondaria del polmone, con la comparsa di un versamento pleurico trasudatizio espressione di difficoltoso scarico linfatico.
    Tali situazioni devono essere attentamente valutate dallo pneumologo, soprattutto in relazione alla possibilità di procedere con un talcaggio pleurico, nel caso in cui il versamento pleurico dovesse tendere a riformarsi troppo rapidamente dopo toracentesi evacuativa, rendendo necessaria, nel tempo, tale manovra con una frequenza troppo elevata.
  • Talvolta la comparsa di un dolore toracico può dichiarare la presenza di lesioni ossee metastatiche a livello costale (vedi “Dolore intercostale: qual è la causa?”).
    Anche in questo caso, dopo averne accertata la presenza con esami radiologici finalizzati a individuarle (Rx-torace, TAC, RMN, PET, ecc.), è possibile procedere con terapie oncologiche di seconda linea indispensabili per riprendere il controllo della malattia.

Conclusione

Per quanto oggi si sia giunti alla possibilità di trattare le pazienti con interventi radioterapici che consentano di limitare la diffusione e l’estensione delle radiazioni alle sole aree da trattare, limitando fortemente la loro dispersione anche alle zone di tessuto sottostante non colpite da malattia, può tuttavia capitare che, successivamente all’irradiazione del torace con radiazioni ionizzanti impiegate a scopo terapeutico, possa manifestarsi una polmonite acuta definita “attinica” (da “raggi”).

La polmonite attinica acuta, poi, può ancora successivamente complicarsi con una polmonite attinica cronica nei mesi seguenti il trattamento radio-terapico, determinando, nel tempo, importanti alterazioni anatomiche e funzionali del polmone impropriamente irradiato, con formazione di aree talora estese di fibrosi polmonare, in grado di generare negli anni bronchiectasie da trazione.

Questi due diversi tipi di polmonite iatrogena (legata alla terapia), devono essere rapidamente riconosciuti e soprattutto tempestivamente risolti con trattamenti adeguati, se si vogliono limitare nel tempo conseguenze invalidanti talora di non poco conto.

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