Dott. Enrico Ballor – Pneumologo Torino
Sintomi e Diagnostica

La Dispnea Nasale e la Dispnea Addominale

Tra le varie situazioni che comportano dispnea (disagio a respirare), ce ne sono due molto particolari che da anni amo indicare con i termini di dispnea “nasale” e di dispnea “addominale”.

Esse da anni attirano la mia attenzione soprattutto per il fatto che, qualche volta, distratti dalla ricerca di patologie più importanti come causa di dispnea, rischiamo di dimenticarle dopo aver escluso con gli esami tutta una serie di patologie cardio-polmonari (vedi “Esami per malattie respiratorie e tumori polmonari e pleurici”), relegandole ad un ruolo di secondo piano, pur rappresentando invece spesso l’unica vera causa di quel respirare male che motiva il paziente a consultare lo specialista.

Vediamo di che cosa si tratta.

La Dispnea Nasale

Non raramente mi capita di visitare pazienti che richiedano una consulenza specialistica pneumologica per la presenza di una dispnea persistente che, senza apparente spiegazione, duri magari da mesi o da anni.

In molti casi questi soggetti giungono alla mia attenzione dopo aver già praticato un’infinita serie di esami clinici e strumentali tutti nella norma, richiesti per escludere una patologia organica (fisica) cardiovascolare o broncopolmonare in grado di giustificare la dispnea.

E non raramente ho notato come a questi pazienti venga qualche volta, con troppa superficialità, “affibbiata” un’etichetta di “dispnea psicogena” anche in quei casi in cui, e lo dico non solo da pneumologo ma anche da psicoterapeuta, non è tanto la mente a generare il disagio respiratorio, quanto invece la presenza “oggettivamente” fastidiosa e “faticosa” del proprio modo di respirare che, solo successivamente, diviene poi anche fonte di un’ansia inizialmente assunta come causa di dispnea anziché, più correttamente, da considerarsi conseguenza della stessa.

La percezione di questa più generale “mal definita fatica” a respirare, oltretutto, rischia di spingere spesso chi la prova a mettere in atto respiri ampi e ripetuti nel tentativo di risolvere il problema del mancato “appagamento” respiratorio, che dovrebbe derivare da un respiro normale sentito come naturale, fluido, pieno e soddisfacente.

In questi pazienti si generano, qualche volta, situazioni cliniche connotate dalla presenza di veri e propri rituali respiratori interpretati come “ossessivi” che, anche se più facilmente compaiono in personalità un pochino “rigidine”, sono in realtà espressione di un tentativo estremizzato che il paziente fa di esorcizzare un disagio respiratorio che deriva “OGGETTIVAMENTE” dall’aumentata resistenza che l’aria incontra durante l’atto respiratorio o di uno sforzo aggiuntivo, richiesto dalla muscolatura respiratoria, necessario per completare il respiro (vedi “Bisogno di inspirare lungo o di respirare a fondo profondamente” – “Dispnea, disturbi respiratori e psicoterapia cognitiva: il punto dello pneumologo” – “Disturbi respiratori a base ansiosa e depressiva”).

Facciamo un esempio pratico per capire meglio.

Un paziente con dispnea ha eseguito “tutti gli esami del mondo” che gli confermano che bronchi, polmoni, pleura, cuore, vasi sanguigni e pressione funzionano normalmente (vedi “Embolia polmonare” – “Battito cardiaco e respirazione: il parere dello pneumologo” – “Ipertensione polmonare e cuore polmonare” – “Difficoltà a respirare e pressione arteriosa: una dispnea particolare per lo pneumologo”).

Non ha problemi neuro-muscolari (vedi “Tosse, catarro e dispnea nelle malattie muscolari e neurologiche: i consigli dello pneumologo”) e non è anemico (vedi “Dispnea da sforzo e affaticamento: l’anemia spiegata dallo pneumologo”).

Quindi, in pratica, non ha una malattia in grado di giustificare la sua dispnea.

Anche per questo, preoccupato dal fatto di non riuscire a individuare la causa di un disagio respiratorio che sente “reale”, per quanto con gli esami “nella norma”, diventa ansioso e incomincia a respirare ancora peggio, anche e soprattutto perché incomincia a passare tutto il giorno a pensare solo più al suo respiro, esplorando e valutando senza sosta, quale fosse un vero e proprio lavoro, la sua condizione respiratoria e accentuando, proprio in questo modo, la focalizzazione sul suo disagio a respirare che, in tal modo, peggiora sempre più.

A questo punto il paziente viene etichettato come “ansioso” e la sua dispnea, dal quel momento, verrà solo più riferita all’ansia.

Ma se guardo bene il mio paziente può capitare a volte di notare come quel soggetto “ansioso” che ho davanti sta respirando con la bocca, come fosse un fatto naturale.

E alla domanda “Scusi, ma lei come respira con il naso?” sentirmi rispondere “Mah …sa .. io non ho mai respirato bene con il naso … io sono anni che non respiro con il naso … perché è chiuso! …

E cosa aspettiamo ad occuparcene? Ma come?

Un paziente con dispnea mai valutato da un otorinolaringoiatra? Certo!

E’ molto più frequente di quanto non si creda!

Perché il paziente che ci porta la sua dispnea in studio, la descrive spesso come una fatica a respirare “che parte dal torace”, come fosse quella l’unica fonte possibile.

E respira con la bocca per farci vedere come debba aprirla per prendere aria, quando magari compie quel gesto solo perché l’aria dal naso non passa da anni!

Ma non lo dice!

Portandoci inizialmente a ipotizzare che la dispnea che prova sia internistica, pneumologica, cardiologica, ematologica, ecc. ecc.

Alcuni pazienti con rinite allergica perenne (acari), con pollinosi e malattie allergiche delle vie aeree o con rinite vasomotoria mai risolta possono a ben diritto rientrare qualche volta in questo caso.

Se prendo cento persone per strada che respirano bene e chiedo loro di indicarmi, in una scala da 0 a 10, come respirano, cioè in quale modo “generale” percepiscano il loro respiro, e poi applico ad ognuno di loro una molletta al naso ripetendo la valutazione, scopro che moltissimi di loro riferiscono la comparsa di una dispnea la cui origine, in questo caso, vista la situazione sperimentale, è immediatamente individuabile dal paziente e riconducibile al naso.

Spesso nei pazienti con ostruzione cronica del naso magari vecchia di anni e, proprio per questo, considerata ormai “normale”, tale dato può venire omesso nella valutazione anamnestica iniziale, influendo negativamente sulla possibilità di richiedere quella visita otorinolaringoiatrica che consentirebbe, fin da subito, di inquadrare correttamente il problema.

Qualche volta, quindi, quel problema “reale” al quale prima alludevo e che nel mio paziente “ansioso” genera dispnea, altro non è se non un’ostruzione nasale mai considerata e affrontata, perché magari persa nel tempo e nell’abitudine di una respirazione nasale non più sentita come anomala, che genera rituali “a bocca aperta” e respiri ampi e ripetuti nel tentativo di vincere e risolvere in modo “naif” l’eccessiva resistenza del naso chiuso al passaggio dell’aria e che, per superficialità, chiamiamo “ansia”, anziché “dispnea nasale”!

La Dispnea Addominale

Lo stesso fenomeno, sempre riferito ai meccanismi ”ansiosi” della dispnea visti sopra, per quanto diverso per distretti anatomici interessati e per dinamiche funzionali, lo si può ritrovare nei soggetti obesi o in sovrappeso, nei quali l’adipe eccessivo e la necessità di spostare con il respiro visceri addominali eccessivamente grassi, impone al diaframma un carico di lavoro muscolare eccessivo rispetto al normale, imposto dalla necessità di vincere la resistenza offerta dall’aumentata pressione addominale che si oppone al tentativo del diaframma di abbassarsi per consentire all’aria di entrare nei polmoni.

Questo maggior carico di lavoro imposto dall’adipe al diaframma, finisce per provocare una constante sensazione inconscia di “fatica a respirare” che il paziente non è più in grado di “localizzare”, perdendosi, in tal modo, l’origine spiegabile del disturbo (dispnea addominale).

Questo tipo di dispnea è quella che prova chi, con una cintura troppo stretta, tende a respirare male dopo i pasti, e che porta questi soggetti a risolvere il problema allentando la cintura (“Ohhh … così respiro molto meglio! …”).

Mi ricorda tanto, per capirci, la dispnea della gravida al nono mese che, pur avendo polmoni e cuore senza problemi, percepisce una dispnea che miracolosamente si risolve dopo il parto!

In questo senso è riscontrabile anche in quei pazienti che presentino una lesione del nervo frenico, con conseguente paralisi di una parte del diaframma (vedi “Paralisi del diaframma e lesioni del nervo frenico”), nei molti casi in cui si realizzi un problema respiratorio conseguente ad un intervento di chirurgia laparoscopica (vedi “Insufficienza respiratoria dopo intervento chirurgico: il punto dello pneumologo”) e nella più importante dispnea provata dai pazienti obesi con asma e con BPCO (vedi “Asma, BPCO e obesità: il parere dello pneumologo”).

Non scordiamoci mai, quindi, che con il naso chiuso e la pancia grossa respirare diventa una fatica, anche senza dover tirare in ballo, per giustificare la dispnea, chissà quale patologia organica o mentale!

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