Dott. Enrico Ballor – Pneumologo Torino
Terapie e Consigli

Respirare Aria di Montagna: il Parere dello Pneumologo

Prima di recarsi in montagna – specialmente se si è affetti da una malattia respiratoria – è importante fare una serie di considerazioni per evitare problemi anche gravi.

Recarsi d’estate in una qualunque delle bellissime località montane del nostro Paese, per trascorrere un piacevole periodo di vacanza, è non solo una buona idea ma anche l’occasione per vivere a contatto con la natura in luoghi molto spesso ancora incontaminati.

Pur tuttavia, quando il turista “vacanziero” è un paziente affetto da una malattia respiratoria, tra le quali:

la prudenza è d’obbligo e alcune considerazioni è bene farle per evitare di doversi poi trovare ad affrontare problemi causati dalla sottovalutazione di aspetti che vanno invece conosciuti.

  • Aria fredda e secca
    L’aria fredda e secca presente in montagna anche nei mesi “caldi”, ma soprattutto gli sbalzi termici tra le ore in cui è presente il sole e le prime ore del mattino, oltre a quelle della sera, possono giocare brutti scherzi in pazienti con patologia respiratoria cronica spesso particolarmente sensibili alle variazioni termiche, comportando le stesse il rischio di una riacutizzazione infiammatoria favorita dalle variazioni di temperatura. Ci si copra, pertanto, sempre in modo proprio, adeguando l’abbigliamento al momento della giornata e ricordando di preferire sempre la respirazione nasale (vedi “Respirare con la bocca o con il naso? Lo pneumologo risponde”).

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  • Freddo e quota più elevata
    Comportano la necessità di dover adeguare i farmaci assunti per il controllo dell’ipertensione arteriosa, patologia che spesso concomita con le numerose patologie respiratorie croniche, specie in pazienti più anziani.
    Scordare di valutare la pressione arteriosa durante la permanenza in montagna, adattando la terapia antiipertensiva alle mutate condizioni imposte dall’altezza, rischia di comportare l’insorgenza di problemi cardiocircolatori e respiratori.
  • Aria più rarefatta
    Attenzione al fatto che l’aria di montagna, per quanto realmente più pulita e priva di quelle polveri e sostanze chimiche inquinanti tipiche dello smog urbano, è più rarefatta rispetto a quella presente alle quote inferiori.
    Ciò significa che la quantità di ossigeno presente in essa, per quanto percentualmente non diversa da quella che potremmo trovare in una località marina a quota “0” sul livello del mare (sempre 20% ne contiene), è in assoluto minore e si riduce progressivamente in ragione tanto maggiore, tanto più elevata è la quota raggiunta.
    Ciò naturalmente è da tenere assolutamente in considerazione nel caso di persone in terapia con ossigeno (vedi “L’ossigenoterapia domiciliare spiegata dallo pneumologo”) praticata per un’insufficienza respiratoria cronica.
    Il mio consiglio è comunque quello di non superare la quota di 800-1000 metri nel caso di pazienti che risultino portatori di problemi respiratori di questo tipo, badando al fatto che, anche chi non è in ossigenoterapia ma presenti valori basali di ossigeno ai limiti (vedi “Ossimetria (saturimetria)” – “ Emogasanalisi arteriosa”), deve tener conto del fatto che la rarefazione dell’aria incomincia a divenire rilevante al di sopra dei 1800 – 2000 metri.
    Si tenga conto, pertanto, di questo dato quando si vuole organizzare la classica gita di giornata oltre certe quote, partendo magari da una località montana posta già a quota elevata.
    Ancor più non ci si dimentichi che a certe altezze, anche solo durante una marcia tranquilla, il consumo di ossigeno aumenta ed i livelli basali di ossigeno arterioso, ancora sufficienti in condizioni di riposo, in pazienti con problemi respiratori possono risentire in modo rilevante delle mutate condizioni, manifestando talora problemi respiratori da non sottovalutare.
    Anche in questo caso il mio consiglio è quello di concordare con lo specialista pneumologo luoghi e quote delle proprie mete montane estive.
  • Effetti negativi della ridotta pressione atmosferica
    Un altro effetto negativo legato alla ridotta pressione atmosferica presente in quota, è quello di cui possono risentire i pazienti portatori di enfisema bolloso, distrofia bollosa polmonare e di bolle di enfisema sottopleurico o di blebs.
    In questi casi è decisamente controindicato salire a quote elevate, in quanto la ridotta pressione atmosferica ambientale potrebbe facilitare, per espansione del gas contenuto in bolle meno facilmente “comunicanti” con l’albero bronchiale, la rottura di una di queste provocando uno pneumotorace.
  • Ipertensione polmonare e cuore polmonare cronico
    Specie in pazienti affetti da ipertensione polmonare e cuore polmonare cronico, la riduzione della quantità di ossigeno presente alle quote troppo elevate e il freddo più intenso rispetto alle altezze inferiori, possono peggiorare questa seria complicazione che si accompagna ad alcune patologie respiratorie croniche.
    Il deficit di ossigeno, poi, può rendersi responsabile anche di episodi di edema polmonare (edema polmonare da alta quota a quote superiori ai 2500 metri), motivo per cui sconsiglio vivamente a pazienti con problemi respiratori cronici o con malattie cardiache in condizioni di compenso emodinamico labile, di recarsi a quote superiori ai 1500 – 1800 metri.
  • Sconsiglierei anche la permanenza in ambiente montano a pazienti affetti da patologie che contemplino un aumentato rischio trombofilico (aumento della coagulazione del sangue con formazione di trombi), per l’aumentato rischio di embolia polmonare presente in queste situazioni (tromboembolia polmonare).
  • Presenza di Pollini
    Attenzione ai pollini presenti nelle località di villeggiatura montana, specialmente nel caso di pazienti affetti da asma bronchiale allergico (Vedi “Asma allergico e luogo di vacanze: i consigli dello pneumologo ” – “Pollinosi” – “Malattie allergiche delle vie aeree” – “Tosse e allergia: il parere dello pneumologo”).
    Alle quote più elevate, infatti, a causa del progressivo ritardo delle impollinazioni rispetto alle pianure, è possibile ritrovare pollini allergenici, ad esempio quelli delle graminacee, la cui carica pollinica aerodispersa risulta già abbondantemente esaurita nei luoghi di partenza.
    Ciò comporta, specie per gli asmatici, il rischio di veder ricomparire sintomi allergici respiratori nei luoghi scelti per le proprie vacanze.
    Consiglio, pertanto, di valutare sempre molto bene con il proprio pneumologo, prima di partire, il calendario pollinico locale dei luoghi montani prescelti, adeguando eventualmente di volta in volta, in modo preventivo, la terapia inalatoria e antiallergica.
  • Acari della Polvere e Montagna
    Vantaggioso per i pazienti affetti da patologie allergiche respiratorie da acari (vedi “Asma allergico da acari della polvere: i consigli dello pneumologo”), il fatto che in montagna, specie al di sopra di circa 1500 metri, l’acaro della polvere è difficilmente presente, anche in considerazione della particolare secchezza dell’aria che non ne favorisce la crescita.

  • Oltre ai problemi respiratori asmatici su base allergica, esiste in montagna un concreto rischio di crisi asmatiche precipitate dalla presenza di aria fredda, specie in pazienti con iperreattività bronchiale aspecifica (IBA) o con asma da sforzo (asma da esercizio fisico – E.I.A.).
  • Prediligere la permanenza stabile in una località montana per periodi più lunghi (2 – 4 settimane di villeggiatura), che consenta quell’acclimatazione indispensabile a ridurre il rischio d’insorgenza di problemi legati al cambio delle abitudini fisiologiche e ambientali, piuttosto che i rapidi periodi da week end del tipo “mordi e fuggi”, molto meno consigliabili in pazienti con problemi respiratori cronici.
  • Esiste poi un sicuro effetto positivo sulla respirazione favorito dal rilassamento psico-fisico di cui i pazienti con problemi respiratori possono beneficiare nel corso di una vacanza.
    Ma non solamente effetto psicologico “soggettivo” favorevole, ma altresì miglior benessere respiratorio “oggettivo” e percepito in virtù della minore umidità dell’aria che la rende “respirabile” più piacevolmente e con minor fatica, specie fino alle quote non superiori ai 2000 metri.
    Le differenze di temperatura e umidità dell’aria rispetto alle quote inferiori creano condizioni per certi versi migliori, per altri possono creare qualche problema di espettorazione dei secreti prodotti nei bronchitici cronici, in quanto interferiscono con le proprietà reologiche e di viscosità del muco.
    Anche per questo, oltreché per tutto ciò che ho detto prima, nel caso in cui si sia affetti da una qualunque malattia respiratoria, il mio consiglio rimane quello di consultarsi sempre con il proprio specialista per valutare insieme rischi, benefici e accortezze di cui tener conto, prima di partire per una vacanza in montagna.

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