Dott. Enrico Ballor – Pneumologo Torino
Infettive Infiammatorie e AllergicheSintomi e Diagnostica

Infezioni e Infiammazioni Bronchiali e Polmonari: VES, PCR e Procalcitonina

Tra i molti esami sui quali lo pneumologo può contare per diagnosticare una patologia respiratoria (vedi “Esami per malattie respiratorie e tumori polmonari e pleurici” – “Gli esami su sangue e urine richiesti dallo pneumologo in caso di infezione polmonare”), ne esistono alcuni particolarmente indicati quando si tratti di meglio definire la natura infiammatoria e/o infettiva di una malattia bronco-polmonare, specie nelle situazioni in cui sia presente una sfumata sintomatologia respiratoria associata ad una febbre di origine incerta (FUO).

Alcuni di questi consentono di orientare la diagnosi sulla base dell’identificazione, nel sangue del paziente, di una o più sostanze ad azione biologica associate all’una o all’altra delle suddette condizioni.

Vediamo, allora, quali sono questi veri e propri marcatori biochimici e cellulari di flogosi-infezione, rilevabili e dosabili con un semplice prelievo di sangue.

Essi, peraltro, sono altresì impiegabili nella diagnosi di ogni altra situazione infettiva e infiammatoria che riguardi una qualsiasi malattia dell’organismo, anche non strettamente respiratoria.

Visto il carattere prevalentemente “respiratorio” degli argomenti trattati nel presente sito, tuttavia, nell’affrontare i vari indicatori diagnostici di ogni più generico quadro infettivo-infiammatorio della patologia umana, mi limiterò alle sole implicazioni cliniche relative alla patologia bronco-polmonare.

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VES

Anche detta velocità di eritrosedimentazione, consiste in una misura della velocità con la quale sedimentano i globuli rossi (anche detti eritrociti o emazie) del sangue quando, inserito lo stesso, dopo il prelievo, in una pipetta graduata tenuta in posizione verticale (metodo Westergren), ad esso venga aggiunta una sostanza che ne impedisca la coagulazione (anticoagulante) e che, per questo, consenta ai globuli rossi di separarsi dal plasma (parte liquida del sangue, trasparente, di colore giallo) per caduta passiva (forza di gravità).

Misurando, in millimetri, la colonna di plasma soprastante la colonna dei globuli rossi sedimentati che si viene a formare dopo un’ora, si ha una misura della VES, che risulta tanto più bassa quanto minore sarà l’altezza della colonna di plasma.

Tanto più scarsa sarà l’altezza del plasma privo di globuli rossi, infatti, tanto minore sarà stata la tendenza dei globuli rossi a sedimentare, per l’assenza di quelle patologie infiammatorie che, favorendo la sintesi epatica delle proteine della flogosi (infiammazione), ne facilitano l’aggregazione e la relativa maggiore propensione alla sedimentazione, attraverso i meccanismi che descriverò tra poco.

Ogni laboratorio d’analisi chimico-clinica indica il valore di riferimento della VES, generalmente compreso tra 10 e 20 mm, ma diverso nei due sessi (un po’più elevato nella donna) e in funzione dell’età (aumenta, al crescere dell’età), definendo, al contempo, al di sopra di quale valora esso debba essere considerato anomalo, indicando, in ciò, una possibile, ma non automaticamente certa, condizione di malattia.

In alcuni casi tale valore può essere appena “mosso” (poco al di sopra del limite massimo di normalità), mentre in altre situazioni la VES può presentare valori patologici particolarmente elevati.

La misurazione della VES e la sua conseguente valutazione clinica, si basano su di un fenomeno bio-fisico che fa si che, in condizioni normali, i globuli rossi circolanti rimangano separati tra di loro in virtù di cariche elettriche negative, presenti sulla loro superficie, che ne provocano il reciproco respingimento.

Nel corso, invece, di eventi patologici a carattere infiammatorio o tumorale, la comparsa, nel sangue, di alcuni prodotti dell’infiammazione, tra i quali un’aumentata quantità di fibrinogeno e la proteina C-reattiva (PCR) (α-globulina dell’infiammazione acuta – vedi dopo), favorisce l’adesione delle loro superfici per la riduzione delle cariche negative  conseguente alla presenza di queste proteine della flogosi.

Si formano, in questo modo, aggregati di numerosi eritrociti che, in quanto più pesanti, tendono a sedimentare con maggior velocità, elevando la VES.

Tale fenomeno prende anche il nome di impilazione delle emazie, con globuli rossi uniti tra loro in pile (“rouleaux”), disposti l’uno sull’altro in colonne, come fossero monete.

Pur in assenza di una sua particolare sensibilità e specificità, che non autorizza a temere subito il disastro, in presenza di un incremento dei valori e che, altrettanto, non esclude con certezza patologie in caso di normalità, la VES rappresenta, ancora oggi, un esame in grado di individuare rapidamente e a basso costo, condizioni infiammatorie acute e croniche o malattie tumorali maligne che ancora non si siano rese manifeste con sintomi evidenti o con segnali di vario tipo ( neoplasie asintomatiche).

Applicata alle malattie respiratorie, essa può essere considerata un indice aspecifico di infiammazione che può aumentare nel corso di numerose patologie infettivo-infiammatorie, autoimmunitarie o tumorali broncopolmonari e pleuriche e, più in generale, in presenza di malattie che interessino l’intero apparato respiratorio (vie aeree superiori e inferiori).

Tra queste, voglio ricordare:

La VES, l’alterazione della quale, come detto, non correla in modo diretto con la gravità della malattia della quale potrebbe essere la spia, trova, altresì, utile applicazione nel monitoraggio di molte patologie respiratorie, consentendo allo pneumologo di valutarne il decorso e l’eventuale risposta favorevole alle terapie proposte.

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Si tenga conto del fatto, tuttavia, che a causa di una certa lentezza nella perdita e nel successivo ripristino delle cariche negative superficiali degli eritrociti, in corrispondenza, rispettivamente, dei momenti di comparsa e di risoluzione di un evento patologico, è possibile che la VES si presenti ancora normale, o relativamente poco alterata, nel caso in cui la flogosi sia recente e, parimenti, permanga elevata anche a lungo, a malattia già risolta, dimostrando una lenta tendenza alla rinormalizzazione dei valori.

Si consideri, infine, che l’anemia e la gravidanza rappresentano due fattori in grado di elevare la VES, pur in assenza di patologie, mentre la policitemia (aumento del volume occupato dai soli globuli rossi presenti nel sangue, rispetto al suo volume totale – vedi anche “La cianosi: il colore blu delle labbra, delle unghie e della cute, spiegato dallo pneumologo”), la leucocitosi, che consiste nell’aumento del numero dei leucociti (globuli bianchi) sul sangue periferico, e la disidratazione, possono diminuirla.

Anche uno stato nutrizionale scadente o una patologia epatica che riduca la produzione delle proteine della flogosi sintetizzate dal fegato, possono diminuire la VES, pur in presenza di uno stato infiammatorio, interferendo con i meccanismi che, facilitando l’aggregazione dei globuli rossi in corso d’infiammazione, ne favoriscono la sedimentazione.

Lo stesso dicasi per alcuni farmaci dotati di proprietà antinfiammatoria che, come il cortisone, l’acido acetilsalicilico (Aspirina) e il chinino, la possono ridurre, pur in presenza di patologie potenzialmente in grado di aumentarla.

Proteina C-reattiva (PCR)

Come già detto prima, la proteina C-reattiva prodotta dal fegato e dalle cellule adipose, consiste in una proteina (α-globulina) che compare nel sangue nel corso di processi infiammatori, specie se sostenuti da una base infettiva, ma non solo.

La sua funzione è quella di attivare il sistema del “complemento” ed i meccanismi della lisi (distruzione) cellulare da esso dipendenti, consistente in una struttura funzionale biologica umorale (non cellulare), facente parte del sistema immunitario, che opera contro i virus e i batteri.

Valori elevati di PCR, pertanto, depongono per quadri patologici infettivo-infiammatori, analogamente a quanto avviene per la VES (vedi prima) e, come in questo caso,  risultano normalmente più alti nelle donne e nelle età più avanzate.

La PCR deve il suo nome alla particolare reattività che possiede nei confronti dell’antigene polisaccaridico “C” dello Pneumococco (Streptococcus pneumoniae), microrganismo responsabile di molte forme di polmonite batterica (vedi “Batteri e virus responsabili delle polmoniti: il parere dello pneumologo” – “Malattia celiaca e maggior rischio di polmonite comunitaria (CAP): il punto dello pneumologo ” – “Polmonite in estate: la malattia che allarma”).

La sintesi della PCR viene stimolata dall’interleuchina-6 (IL-6), una particolare proteina prodotta prevalentemente dai macrofagi, cellule del sistema immunitario dotate di funzione di difesa contro le infezioni.

La PCR “opsonizza” (ne riveste la superficie) le cellule batteriche da distruggere, attivando, in tal modo, il complemento (vedi prima), al quale è demandata la successiva funzione di danneggiamento della cellula batterica, fino a decretarne la morte.

Essa, inoltre, stimola la “fagocitosi” (azione di inglobamento e digestione da parte di una cellula) delle cellule batteriche, già opsonizzate dalla PCR e attaccate dal complemento, proprio da parte dei macrofagi produttori di IL-6, dichiarando, in tal modo, una sua più generica funzione difensiva orientata contro le infezioni e contro le cellule estranee (anche tumorali).

Generalmente le infezioni virali e i processi infiammatori di lieve entità innalzano il valore della PCR solo in modo contenuto, così come il periodo gestazionale dell’ultimo trimestre.

Molto più evidente e proporzionalmente crescente, invece, è il suo incremento in presenza di infezioni batteriche e fungine (micosi diffuse), specie se gravi, e nel corso di processi infiammatori più importanti, tra i quali quelli dipendenti da patologie reumatologiche, o dopo traumi e interventi chirurgici.

Il monitoraggio della PCR, così come quello della VES, consente una valutazione dell’andamento della malattia infettivo-infiammatoria e la risposta alla terapia.

Il vantaggio del dosaggio della PCR, rispetto alla VES che presenta una grande lentezza di positivizzazione e rinormalizzazione dei valori, è la sua risposta molto più rapida (qualche ora rispetto ad una settimana circa) in relazione alla situazione patologica del momento, con incrementi quasi immediati e riduzioni altrettanto rapide che correlano, quasi in tempo reale, con l’attività di malattia.

Da tener presente, anche, il recente impiego della PCR come indicatore di aumentato rischio coronarico e di patologia cardiovascolare nelle situazioni in cui, senza altra giustificazione, i suoi valori tendano a mantenersi stabilmente elevati.

Tale valutazione orientativa non è da considerarsi in modo assoluto, ma integra gli altri criteri di rischio cardiovascolare già da tempo comprovati.

In un soggetto a digiuno da almeno 8 ore e in condizioni di quiete fisica da almeno 30 minuti, i valori della PCR variano, in funzione della situazione, secondo quanto indicato nella tabella sottostante:

VALORI DELLA PCR
0,00 mg – 0,50 mg /100 ml Normale (infiammazione assente)
0,50 mg – 1,00 mg /100 ml Possibile infiammazione non acuta
1,00 mg – 10,00 mg/100 ml Infiammazione acuta lieve o moderata
> 10,00 mg/100 ml Infiammazione acuta e diffusa
VALUTAZIONE ORIENTATIVO DEL RISCHIO CARDIOVASCOLARE
< 1,00 mg/ 100 ml Rischio basso
1,00 mg – 3,00 mg/100 ml Rischio medio
> 3,00 mg/100 ml Rischio elevato

Anche in questo caso, come per la VES, il dosaggio della PCR consente un prezioso aiuto nella diagnosi pneumologica, applicandosi alle stesse patologie e condizioni respiratorie già viste sopra.

  • Per quanto attiene, poi, all’opportunità di un trattamento antibiotico di fronte ad un’infezione respiratoria dubbia per “semplice” bronchite o per un più impegnativo quadro di polmonite, la PCR può aiutare a definire in quali casi è più prudente non attendere prima di iniziare la terapia, applicando lo schema qui sotto riportato:
    Valutazione opportunità del trattamento antibiotico (PCR)
    < 2,00 mg/100 ml Antibiotico non necessario
    tra 2,00 mg e 10,00 mg/100 ml Antibiotico solo dopo qualche giorno, se non ci sono miglioramenti clinici
    > 10,00 mg/100 ml Inizio immediato della terapia antibiotica

    Procalcitonina (PCT)

    Procalcitonina (PCT): consiste in una proteina dosabile sul sangue, precursore della calcitonina (ormone tiroideo implicato nella regolazione del metabolismo del calcio).

  • La procalcitonina mostra un sensibile incremento dei valori in presenza di infezioni batteriche (meno in quelle micotiche e parassitarie) e nei gravi quadri settici generalizzati (sepsi o setticemia batterica), a causa dell’aumentata sintesi extra-tiroidea che si ha, in queste situazioni, da parte dei monociti e dei macrofagi (cellule del sistema immunitario) sottoposti allo stimolo infiammatorio, presenti in vari organi.
  • E’, pertanto, un utilissimo marcatore in grado di differenziare le gravi infezioni batteriche diffuse da quelle virali e dagli stati infiammatori di natura non infettiva, presentando valori elevati nelle gravi sepsi batteriche e nello shock settico, con una progressività lineare degli stessi proporzionale alla gravità dell’infezione.
    VALORI DELLA PCT (procalcitonina)
    < 0,05 ng/ml Condizioni normali non patologiche
    tra 0,05 ng/ml e 2,00 ng/ml Sepsi incerta (localizzata?). Indispensabile ripetere l’esame a intervalli di 6 ore per valutarne l’evoluzione
    tra 2,00 ng/ml e 5,00 ng/ml Sicuro stato infiammatorio generalizzato anche settico
    tra 5,00 ng/ml e 10,00 ng/ml Sicuro stato settico batterico
    > 10,00 ng/ml Grave stato settico (batterico) e/o shock settico

    Per quanto attiene al campo pneumologico, come già visto per la PCR, la procalcitonina consente di orientare più correttamente l’inizio di una terapia antibiotica in pazienti che presentino un’infezione delle vie aeree inferiori, interrompendo, al contempo, il trattamento, quando vengano a mancare i presupposti di una sua assoluta indispensabilità.

  • E’, altresì, necessario ricordare la possibilità che essa si presenti più elevata in pazienti affetti da carcinoma polmonare a piccole cellule ( SCLC – microcitoma), pur in assenza di situazioni settiche.

Altri possibili indici aspecifici di infiammazione, utilizzabili anche nella diagnostica delle malattie respiratorie (ma non solo), sono poi quelli dell’elenco presentato di seguito, per quanto l’aumento dei valori degli stessi non rifletta unicamente un significato flogistico (infiammatorio), ma rivesta, altresì, significati clinico-biologici di diversa natura, da valutare da caso a caso, che, tuttavia, tralascio di trattare, non rientrando nelle necessità previste da questo testo.

    • Fibrinogeno: precursore circolante della fibrina, proteina finale del processo coagulativo del sangue.
      Può presentare valori elevati anche nel corso di diverse malattie dell’apparato respiratorio e, tra queste, le più importanti infezioni del tratto respiratorio inferiore, quali la polmonite e le suppurazioni polmonari ascessuali e bronchiectasiche, la tubercolosi polmonare ed i tumori maligni del polmone.
    • D-dimero: prodotto di degradazione della fibrina (FDP), che trova indicazione anche nelle malattie tromboemboliche e, tra queste, nell’ embolia polmonare, ma che può, più semplicemente, essere espressione di un generale stato infiammatorio dell’organismo.
      Può presentare valori particolarmente elevati in alcuni casi di polmonite e nell’ARDS ( sindrome da distress respiratorio dell’adulto).
    • α2-globuline: valori elevati nel sangue, dimostrabili al QPE (quadro proteico elettroforetico), sono espressione dell’aumento in circolo delle proteine infiammatorie della fase acuta, di cui la PCR fa parte.
    • Ferritina: proteina che lega il ferro di deposito presente nei tessuti. L’incremento dei suoi valori nel sangue può essere indicativo di un più generale quadro infiammatorio dell’organismo, accompagnandosi, altresì, a quelle numerose patologie broncopolmonari e pleuriche aventi un prevalente carattere infiammatorio.
    • Leucociti (globuli bianchi): numerose patologie respiratorie infiammatorie e infettive, acute e croniche, possono accompagnarsi ad alterazione della quantità dei globuli bianchi presenti nel sangue (esame emocromocitometrico), con possibile aumento dei valori (leucocitosi) o riduzione degli stessi (leucopenia).
      Allo stesso modo può risultare alterato il normale rapporto tra le diverse popolazioni cellulari (formula leucocitaria), in cui risultano suddivisi i leucociti (neutrofili, linfociti, eosinofili, monociti e basofili), con valori cellulari differenti in funzione del diverso quadro patologico respiratorio presentato dal paziente.

Conclusione

Vista la complessità della materia tutt’altro che banale, anche nel caso della valutazione dei quadri flogistico-infettivi del tratto respiratorio, orientata sulla base dei suddetti indici biologici, come già ho avuto modo di ribadire in altri articoli pubblicati che trattano di diagnostica pneumologica, invito sempre il paziente a non lasciarsi attrarre troppo da seducenti, per quanto auto-proclamate, capacità diagnostiche, vista la difficoltà a districarsi tra quadri clinici spesso assai impegnativi, vissuta, talora, purtroppo anche dallo specialista esperto.

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