Dott. Enrico Ballor – Pneumologo Torino
Lo Pneumologo Risponde

Assunto Amiodarone per Cuore. Rischio Fibrosi Polmonare?

Lo Pneumologo Risponde” è la nuova rubrica di questo sito dedicata alle curiosità dei lettori.

La domanda di questa uscita è:

Ho Assunto per Qualche Mese l’Amiodarone per il Cuore? E’ Vero che Rischio la Fibrosi Polmonare?

L’amiodarone è un farmaco antiaritmico impiegato per ridurre il rischio di aritmie cardiache, quali la fibrillazione atriale o la tachicardia ventricolare. Non è infrequente che possa nel tempo rendersi responsabile dell’insorgenza di fibrosi polmonare, anche se non è possibile definire a priori in quali soggetti trattati ciò potrebbe realizzarsi.

Tra i farmaci responsabili di fibrosi polmonare, l’amiodarone è sicuramente uno di quelli che più frequentemente viene chiamato in causa nel determinismo delle malattie interstiziali del polmone legate ai medicamenti che, in modo incostante e variabile, possono poi evolvere proprio nella fibrosi polmonare.

Il coinvolgimento del polmone, tra i vari organi colpiti dagli effetti collaterali di questo farmaco, è frequente, in quanto l’amiodarone è una sostanza che facilmente tende ad accumularsi nei tessuti dell’organismo e per questo a permanere nel corpo senza essere eliminata, mantenendo in tal modo a lungo la sua azione nociva.

Il danno polmonare da amiodarone parte probabilmente da un’azione tossica diretta del farmaco sulle cellule profonde del polmone site negli alveoli (alveoli polmonari), alla quale frequentemente consegue un’ulteriore amplificazione dell’effetto lesivo primario ad opera di particolari globuli bianchi del sistema immunitario (granulociti neutrofili e linfociti citotossici) richiamati nella sede del danno iniziale, cellule immunitarie in grado di provocare una polmonite interstiziale che può classicamente comparire anche dopo molti mesi dall’inizio del trattamento.

Il lavaggio bronchiolo alveolare (BAL) può presentare un risultato citologico variabile, andando da un’alveolite linfocitaria con inversione del rapporto CD4/CD8, fino a quadri caratterizzati da sovrabbondanza di cellule eosinofile e neutrofile, non specifici ai fini diagnostici (vedere, a questo proposito, la classificazione delle interstiziopatie polmonari in funzione del quadro citologico del BAL, descritta in un mio articolo citato di seguito).

L’interessamento infiammatorio dei polmoni non sempre da luogo a un vero e proprio quadro patologico, tanto che alle prove di funzionalità respiratoria, tra le quali il test della diffusione del monossido di carbonio è quella più dimostrativa di un coinvolgimento dell’interstizio polmonare, la presenza di una lieve riduzione della diffusione stessa non rappresenta prova dell’effetto tossico del farmaco nè configura una vera e propria patologia polmonare da amiodarone, ma rappresenta invece un semplice effetto della sua presenza nel polmone.

Solo nei casi in cui, in tempi variabili da pochi giorni a molti mesi di trattamento, l’amiodarone dovesse incominciare a svolgere un’azione davvero patogena sul polmone, i quadri polmonari, che inizialmente potrebbero presentare anche solo una lieve dispnea (difficoltà respiratoria) e una tosse secca irritativa persistente, potrebbero evolvere in una vera e propria polmonite interstiziale (con o senza successiva evoluzione in fibrosi polmonare) o in quadri TAC bronchiolitici o tipici della bronchiolite obliterante con polmonite organizzata (BOOP), fino ai gravi quadri di sindrome da distress respiratorio dell’adulto (ARDS) con insufficienza respiratoria tale da richiedere l’ossigenoterapia.

In questo caso i sintomi del paziente sarebbero certamente ben più seri di quelli iniziali ai quali accennavo prima, con dispnea severa e tosse spesso difficile da contenere nonostante la terapia.

I più gravi quadri polmonari da amiodarone tendono generalmente a svilupparsi in pazienti che già presentino una pregressa malattia polmonare, dalla BPCO (broncopneumopatia cronica ostruttiva) con o senza enfisema polmonare, ai quadri fibrotici polmonari a diversa genesi, fino alle pneumoconiosi e alle pneumopatie professionali.

Visti i molti termini tecnici ai quali ho potuto solo accennare, obbligato dalla brevità della risposta alla domanda di questo paziente, invito per completezza alla lettura dei molti riferimenti esplicativi contenuti negli articoli che cito di seguito, per una migliore comprensione di quanto descritto.

Ricordo ancora come, molto spesso, non esista una vera necessità di trattare con il cortisone questi quadri polmonitici potenzialmente fibrosanti, in quanto la maggior parte dei casi polmonari da amiodarone tendono a regredire spontaneamente in tempi variabili (purtroppo non sempre!), a patto che si sospenda la somministrazione dell’amiodarone. In qualche caso meno favorevole, tuttavia, nonostante l’interruzione dell’assunzione del farmaco, vi può essere una progressione della patologia polmonare fino alla fibrosi interstiziale e alla prescrizione dell’ossigeno.

Approfondimenti

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